Francesca Divella
Plot: La storia narra di Pericle Scalzone, che di lavoro “fa il culo alla gente”, alle dipendenze del boss camorrista emigrato in Belgio, Don Luigi “Pizza”. Durante una delle sue missioni, Pericle commette un grave errore, che gli potrebbe costare la vita. Inizia così la fuga disperata che lo porterà fino in Francia, dove intravede una speranza per la sua redenzione, grazie all’ incontro con Anastasia. La donna lo accoglie senza giudicarlo e pare mostrargli la via per una nuova esistenza. Pericle, l’uomo/bestia diventa uomo, acquisisce consapevolezza di sé attraverso il rifiuto delle regole del suo mondo e l’incontro con il prossimo. Ma prima Pericle dovrà pagare il suo riscatto.
Cominciamo col dire che Pericle il Nero, di Stefano Mordini, è l’unico film italiano selezionato, per la sezione Un Certain Regard, nel prossimo Festival di Cannes. Già questo è un dato certamente interessante nella stagione in cui film comePerfetti sconosciuti, Lo chiamavano Jeeg Robot e Veloce come il vento hanno riscosso un glorioso successo ai botteghini ed hanno fatto molto parlare di sè, ma non sono stati scelti dalla giuria d’Oltralpe per rappresentare il cinema dello stivale.
Pericle il Nero è un film sicuramente difficile, perchè, come tutti i film tratti da opere letterarie (il film è liberamente ispirato al romanzo di Giuseppe Ferrandino, apparso per la prima volta nel 1993 con Granata Press, e poi ripubblicato da Adelphi con un maggiore successo, dopo la sua “riscoperta” da parte dell’editore francese Gallimard) potrebbe risentire del paragone con l’opera madre, un romanzo noir accolto con grande favore dalla critica e dai lettori, capace di coniugare aspetti del fumetto con ambientazioni hard boiled, utilizzando un linguaggio stringato e dialettale, fitto di dialoghi incisivi. Difficile perché non è sicuramente un film d’azione e la tempistica del racconto scorre lenta, scivolando sulle numerosissime soggettive, che vogliono a tutti i costi sottolineare lo stato d’animo che sta vivendo il personaggio; fino all’estremo virtuosismo, che le concentra sulle luci del cruscotto dell’auto di Pericle, facendole apparire talvolta superflue e ridondanti allo spettatore.
Pericle il nero è un film costruito dal suo autore, Stefano Mordini, “lavorando sull’ animalità del personaggio” – come ha dichiarato all’anteprima del 9 Maggio scorso a Bologna – sull’aspetto poco raccomandabile (i capelli unti, il codino, la giacca di pelle nera, la linea nera tatuata lungo la schiena), su alcuni suoni particolari che emette con la bocca Pericle. Un film fatto“con la voglia di prendersi dei rischi” e infischiandosene se “i bookmaker sulla carta ci davano per spacciati”, come ha sottolineato Riccardo Scamarcio, alla sua prima volta con il doppio ruolo di produttore ed interprete di un film insieme alla casa di produzione -sua e della Golino- Buena Onda.
È un film europeo, come lo ha definito il Direttore della Cineteca di Bologna, Gianluca Farinelli, pensato a Roma e girato in una città che Roma non è (potrebbe essere Liegi), che tocca in maniera marginale il tema della Camorra che esportiamo all’estero, ma che si concentra su altro perché – continua il regista – “Anche se i suoi personaggi si ispirano a figure reali del mondo della camorra … voleva allontanarsi dal genere e ibridarsi con qualcos’altro”. Così non è propriamente un gangster movie, non è un thriller, ma è qualcosa di diverso, “quello che ci interessava era raccontare una solitudine, cosa che é un po’ la mia ossessione cinematografica. Pericle cerca un riscatto, ma non rispetto alla società, bensì rispetto a ciò che gli è mancato”.
Pericle il Nero è un’opera sulla solitudine e sugli abissi più oscuri dell’animo umano, quelli che vengono toccati in tutte le situazioni in cui ci si ritrova a vivere soli e straniati dal proprio contesto socio-familiare. Una bizzarra coincidenza, che salta agli occhi, è proprio questa: nel film, come in altri già citati della stagione 2016, i protagonisti sono sempre eroi negativi (il camorrista Pericle, l’ex pilota tossico inaffidabile Loris, il ladruncolo di periferia Enzo Ceccotti), caratterizzati da una prepotente alienazione sociale e in debito d’affetti, che in un modo o nell’altro e per circostanze spesso fortuite, incontrano la loro possibilità di riscatto. Trapassando violentemente, grazie a truculenti deus ex machina, da una condizione di inettitudine a vivere (di Tozziana memoria) ad una labile speranza di umanità.
Come se nel cinema, in questo ultimo cinema, la nostra generazione stesse trovando le forze di esprimere tutto il suo disagio, economico, sociale, affettivo, in un modo nuovo, con un linguaggio inedito, proiettando nella violenza di queste vite l’unica insopportabile violenza spesso subita: quella di un’esistenza vissuta nella più totale ed inaccettabile solitudine.
Nelle sale dal 12 maggio 2016.
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