Parla il giallista che ha ispirato Scorsese mentre esce "La legge della notte". Diventerà un film di Ben Affleck
Antonio Monda
Il titolo originale diLa legge della notte di Dennis Lehane, in uscita in Italia per Piemme con traduzione di Stefano Bortolussi, è Live by Night, un omaggio a The Live by Night, classico del noir e film d'esordio di Nicholas Ray. Il cinema è un riferimento costante nelle pagine dello scrittore di Boston, che ha conosciuto la popolarità grazie alla trasposizione cinematografica diMystic River da parte di Clint Eastwood, ed è diventato uno degli autori più ricercati da Hollywood quando Martin Scorsese ha adattatoShutter Island e lo ha poi chiamato a sceneggiare alcuni episodi di Board Walk Empire.
La sua è una scrittura veloce ed efficace, basata su immagini forti: non sorprende che questo nuovo romanzo sia stato opzionato da Ben Affleck, il quale aveva già adattato Gone Baby Gone. Ambientato all'epoca del proibizionismo,La legge della notte riprende personaggi trattati nel precedente The Given Dayper raccontare l'ascesa nel mondo criminale di Joe Coughlin, figlio di un poliziotto: una storia di corruzione all'interno di una saga che vedrà un terzo capitolo, e che segue tutte le regole del genere gangsteristico senza perdere la riflessione etica.
Lungo un itinerario in un mondo scintillante e decadente, Coughlin si illude di mantenere un codice d'onore, mentre si imbatte in donne fatali e gangster violenti, accettando l'idea che il crimine sia inevitabile.
"Boston è la mia città e mi sono reso conto che è imprescindibile", racconta, "ma ho voluto raccontare anche luoghi molto diversi, giocando sui contrasti culturali. Elmore Leonard è un punto di riferimento, ma ho letto ed amato anche Richard Price e James Ellroy. Il protagonista, Joe, diventa un malvivente perché il crimine "era divertente e lui era molto bravo".
La verità è che è facile essere un bravo criminale, molto più facile che essere una persona perbene. Perché la narrativa raramente parla delle persone perbene?
"Potrei darle una riposta biblica: gli uomini preferiscono le tenebre, ma voglio rimanere su un piano letterario. Le scelte criminali generano conflitto, che per un narratore rappresenta la linfa vitale".
Lei tuttavia simpatizza con il suo protagonista.
"Come potrei non amarlo, avendolo creato? Ma lo amo fin quando rimane un criminale consapevole del fatto di commettere degli errori. Poi, quando comincia ad assolversi, e ritiene che i suoi atti si possano giustificare, provo nei suoi confronti solo pena: io credo che il peccato più grave sia l'ipocrisia".
Ha parlato di peccato a proposito di scelte morali.
"Perché l'ipocrisia non è certo un reato. E da irlandese cattolico conosco la differenza. Nel libro ho cercato un atteggiamento distaccato e non romantico".
Lei suggerisce che la scelta di Joe sia dovuta al matrimonio senza amore dei genitori: "Il vuoto al centro di casa sua era il vuoto al centro dei suoi genitori, e un giorno quel vuoto aveva trovato il centro di Joe".
"È esattamente così, con un aggravante: Joe vede l'esempio di un padre corrotto che rappresenta la legge. E decide di diventare un criminale senza usare la difesa dell'uniforme".
Il libro inizia con una citazione di Cormac McCarthy: "Gli uomini di Dio e gli uomini di guerra hanno strane affinità".
"McCarthy è un romanziere che ha scritto in maniera epica su questioni etiche, e in quella frase intuisce come il male non sia altro che il bene rovesciato: è quella l'ambiguità. Il diavolo non è altro che un angelo caduto, no?"
Sono temi presenti anche nel lavoro di Martin Scorsese e Clint Eastwood, due grandi registi che hanno adattato i suoi romanzi.
"È evidente che un regista cerca temi affini per i film che decide di realizzare, ma si tratta di personalità molto diverse che hanno adattato romanzi estremamente differenti".
Qual è stata la differenza di approccio?
"Sono stato solo una volta sul set di Scorsese, e ovviamente mi sono limitato ad ammirare come aveva reinventato la storia che avevo creato: è un regista estremamente intenso che riesce ad instaurare immediatamente un rapporto di intimità. La nostra relazione è stata limitata a pochissime discussioni precedenti alle riprese e ho avuto l'impressione che volesse conoscere la mia anima per conoscere l'anima del film. Da quel momento in poi ha fatto tutto lui, in assoluta autonomia.
Diverso il rapporto con Eastwood, con il quale ho collaborato più da vicino: ha un atteggiamento molto informale e ci tiene a un confronto costante. Aveva letto una recensione del libro, i cui diritti all'epoca non erano neanche in vendita. La prima volta mi chiamò direttamente a casa e a me sembrava uno scherzo, ma poi ho capito che non era un imitatore dell'ispettore Callaghan ma proprio lui, e aveva già compreso perfettamente il tema di fondo di Mystic River: il senso di colpa di chi sopravvive. Per quanto mi riguarda io ero stato da sempre un grande ammiratore, in particolare degli Spietati, un film dove anche i criminali mantengono una propria umanità".
Cosa ha imparato dal cinema?
"Che bisogna distinguere la narrativa interiore, tipicamente letteraria, da quella esteriore, cinematografica. Il cinema è un intrattenimento passivo, e lo dico senza snobismo, perché credo sia una forma d'arte autentica, non inferiore alla letteratura. Come si fa a non considerare arte Il Padrino o Il Petroliere?"
Come è cambiato il mondo criminale che lei è racconta da quello odierno?
"Sono cambiate le tecnologie e il dominio da parte di nuove etnie, ma la sostanza è la stessa. Non bisogna cadere nella debolezza del romanticismo: nella criminalità non esiste un codice morale. Un malvivente può avere un atteggiamento che sembra rispettoso fin quando non vengono urtati i propri interessi. A quel punto, in un mondo senza legge è permesso tutto".
Nel libro compare anche Lucky Luciano, e lei cita una sua battuta: "È troppo tardi per essere buoni".
"È una battuta terribile, che disse realmente e nega ogni possibilità di redenzione. Una volta chiese scherzosamente cosa gli fosse rimasto per comprare l'anima".
Quanto deve alla sua origine irlandese il fatto di essere scrittore?
"Moltissimo: sono un irlandese di seconda generazione, e per tutta la mia giovinezza ho visto i miei genitori riunire a casa i parenti e altri amici che erano emigrati insieme a loro. Si raccontavano storie a vicenda, cercando di capire, anche quando non lo dicevano apertamente, perché avevano abbandonato la propria patria. E ho capito in quei lunghi pomeriggi che ogni storia ha una verità più grande, superiore ai semplici fatti"
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