21 de febrer del 2016

OGGI “MURDER BALLADS” DI NICK CAVE & THE BAD SEEDS COMPIE VENT’ANNI

[IFB, 20 febbraio 2016]

Valentina Natale


“Murder Ballads” è un romanzo noir, un western in musica. Un album che è stato in grado di definire un genere, uno stile, quelle ballate eleganti e maledette, distorte e stranianti che Nick Cave sa scrivere così bene e che tanti dopo il 20 febbraio del 1996, data in cui il disco è uscito, hanno cercato di imitare con minor o maggior fortuna. Crimini brutali, crimini di passione quelli che Cave crea parola dopo parola, nota dopo nota, mostrando tutto il suo talento di scrittore e di racconta storie. Lasciando libero sfogo alle sue ossessioni più o meno nascoste, parlando di uomini e donne che uccidono e vengono uccisi. Circondato da donne, facendosi spesso accompagnare dalle donne della sua vita, quelle vere e quelle sognate. PJ Harvey nella magistrale scottish ballad “Henry Lee”, che ha gli stessi accordi di “The Curse of Millhaven” ma più rallentati, e la stellina pop Kylie Minogue che presta la voce alla sfortunata Eliza Day coperta di rose nella hit per eccellenza “Where The Wild Roses Grow”. Una collaborazione insolita che ha trascinato i Bad Seeds a Top Of The Pops in una performance surreale, ma questa è storia nota.
Dicono che Nick Cave si sia sempre meravigliato dell’ottima accoglienza riservata dal mondo musicale alle sue “Murder Ballads”. Per lui questo non era un disco romantico ma viscerale, vendicativo, grottesco, divertente come un fumetto un po’ splatter, una barzelletta un po’ sporca raccontata a mezza voce. Del resto il concept stesso dell’album è nato quasi per scherzo su suggerimento di Blixa Bargeld, Bad Seed di turno oltre che membro influente degli Einstürzende Neubauten , per mettere alla prova una band che in quel periodo era formata da gente come Jim Sclavunos, Mick Harvey, Martyn P. Casey, Conway Savage, Thomas Wydler più il redivivo Hugo Race e il violino killer di un certo Warren Ellis che seme cattivo lo sarebbe ufficialmente diventato poco dopo. Vedere se potevano parlare di assassini, efferate uccisioni schivando l’ovvio e le banalità. Giocare col blues tradizionale, citare Milton, perfino scomodare Bob Dylan con la cover di “Death Is Not the End” (ospite Shane MacGowan) e farla franca. Il gioco è riuscito e i Bad Seeds si sono ritrovati tra le mani un disco di una bellezza mortale che gli ha cambiato la carriera, trasformandoli per un attimo in improbabili star.
L’atmosfera scanzonata con cui è nato si sente a guardar tra le note degli arrangiamenti di “Stagger Lee”, “Crow Jane” o “The Curse of Millhaven” che sono delle caramelline avvelenate: ti fanno muovere il piedino a tempo e poi ascolti i testi e pensi che Nick te l’ha fatta di nuovo, ci sei cascato e ora hai le mani sporche di sangue pure tu. “Murder Ballads” compie vent’anni ed è il disco dei Bad Seeds ad aver avuto maggior successo commerciale e di classifica. Una tragica, comica, esagerata carrellata di personaggi pazzi, sopra le righe, senza vergogna né ideali che forse solo dalla penna di Cave potevano uscire. E, giusto per dovere di cronaca, alla fine i morti ammazzati sono ben sessantacinque più un cane uccisi da sette uomini e tre donne. Oggi “Murder Ballads” sembra una parata fantasma di vecchie conoscenze: la quindicenne piromane Lottie, Joy, la sfortunata Mary Bellows, quel pazzo omicida di Lee Sheldon (che ha ispirato “Stagger Lee”) barcollante come non mai. Tutti qui a toccare Nick sulla spalla mentre è girato dall’altra parte per dirgli “Ehi amico, ti ricordi di noi?”. E poi magari andare a bere insieme all’“O’Malley’s Bar” per festeggiare.
Nick Cave & The Bad Seeds – Murder Ballads
Data di pubblicazione: 20 febbraio 1996
Registrato: 1993-1995 agli Atlantis Studios, Sing Sing e Metropolis Studios di Melbourne e ai Wessex Studios di Londra
Tracce: 10
Lunghezza: 58:43
Etichetta: Mute
Produttori: Victor Van Vugt, Tony Cohen, The Bad Seeds





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