14 d’agost del 2015

Recensione di “A ciascuno il suo” di Sciascia

[Acqua e limone, 13 agosto 2015]



Proverbio, regola: il morto è morto diamo aiuto al vivo. Se lei dice questo proverbio a uno del Nord, gli fa immaginare la scena di un incidente in cui c’è un morto e c’è un ferito: ed è ragionevole lasciare lì il morto e preoccuparsi di salvare il ferito. Un siciliano invece vede il morto ammazzato e l’assassino: e il vivo da aiutare è appunto l’assassino[…] Io non sono siciliano fino a questo punto: non ho mai avuto inclinazione per aiutare i vivi, cioè gli assassini, e ho sempre pensato che le carceri siano un più concreto purgatorio.
Nel 1964 un distinto e rispettato farmacista riceve una lettera anonima in cui viene minacciato di morte in seguito ad una sua imprecisata colpa. Essendo benvoluto in paese e non avendo mai recato danno a nessuno, il farmacista non diede peso all’evento, purtroppo qualche giorno più tardi venne ucciso durante una battuta di caccia con un suo amico, il dottor Roscio. La polizia sospetta che i due uomini fossero stati uccisi per una relazione extraconiugale del farmacista con una sua cliente, tuttavia il professor Laurana sospetta che non sia così.
Leonardo Sciascia pubblicò presso Einaudi nel 1966 A ciascuno il suo, un giallo di 151 pagine il cui titolo è la traduzione di unicuique suum, un’espressione tipica della legislazione latina parzialmente riportata sul retro della lettera minatoria.
Il romanzo propone un affresco della società siciliana degli anni Sessanta, infatti il professor Laurana indagherà nel proprio paesino e nel capoluogo di provincia incontrando preti, politici, letterati, giuristi e membri della borghesia siciliana che svolgono le più svariate professioni. Si tratta di una società governata da soli uomini, infatti le due uniche donne che compaiono nel romanzo rivestono i ruoli di madre e di moglie.
Anche se non viene mai nominata direttamente nel romanzo, la società siciliana è affetta dal morbo della mafia e della sua assurda morale per cui “il morto è morto, diamo aiuto al vivo”. Laurana è il protagonista del romanzo e svolge la funzione di detective nelle dinamiche del genere giallo, ma dovrà scontrarsi con una assurda morale che prevede di proteggere gli assassini insabbiando le loro colpe.
Il profilo di Laurana non corrisponde affatto a quello di un paladino della giustizia. Innanzi tutto si tratta di un professore di lettere impacciato con le donne e succube della madre, acculturato senza distinguersi nella sua attività di letterato, inoltre è un pessimo detective: è poco attento a non lasciare tracce nel corso delle sue ricerche, si fida ciecamente delle persone, è ingenuo nelle motivazioni che lo portano a effettuare le indagini e nel non temere reazioni da parte dell’assassino.
Il libro si apre con la seguente nota: “Nel novembre del 1965 Italo Calvino scriveva a Sciascia a proposito di A ciascuno il suo: . Non solo la morale a favore degli assassini ostacola l’indagine delle ricerche e il detective è un vero e proprio imbranato, ma ben presto il lettore scoprirà che l’identità dell’assassino e il movente erano noti sin dall’inizio. Il romanzo inoltre non segue lo svolgimento tipico dei gialli in quanto lo scioglimento della narrazione non corrisponde alla scoperta e alla punizione dei colpevoli con un conseguente al ritorno all’ordine, ma eviteremo di fornire ulteriori informazioni per non rovinarvi la lettura.
Il romanzo è breve e di scorrevole lettura, inoltre contiene dei pregevoli riferimenti letterari, soprattutto per quanto riguarda Voltaire. Nel 1967 fu realizzato un omonimo film diretto da Elio Petri.




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